I film dell’orrore hanno perso la loro natura o siamo cambiati noi?
Per chi è abituato a seguire il cinema horror dagli albori, si è sicuramente reso conto che questo genere ha subito un forte declino negli ultimi anni. Ma è davvero così oppure siamo noi che siamo cambiati?
Gli albori
I film horror sono nati quasi con gli albori del cinema, è già dagli anni ’20 infatti che possiamo trovare i primi riscontri di questo genere, anche se ovviamente privi della struttura narrativa a cui siamo abituati oggi, dato che si trattava perlopiù di cortometraggi muti. Alcuni titoli dell’epoca più ricordati sono sicuramente Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau (1922) e Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene (1920), rimasto come simbolo del cinema espressionista tedesco.
Grazie al cinema statunitense, negli anni ’30 gli horror diventarono popolari portando sullo schermo personaggi che appartenevano al filone letterario con titoli come: Dracula di Tod Browning (1931), Frankenstein di James Whale (1931), La mummia di Karl Freund (1932), ecc… Filone che proseguì anche negli anni ’40 con la tematica delle creature mostruose come L’uomo lupo di George Waggner (1941).
Il consolidamento del genere
Negli anni ’50 il genere si spostò dalle tematiche gotiche a quelle di fantascienza, in cui entità come alieni venuti da altri mondi rappresentavano una minaccia. Celebre rimane L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel (1956). La tematica era fortemente influenzata dal periodo storico della Guerra Fredda e dal timore dell'”invasione” comunista. È verso la fine di quegli anni che iniziarono a nascere le prime case di produzione esclusivamente per i film horror, e le paure rappresentate man mano diventarono quelle più diffuse in quel periodo, come ad esempio la scienza oltre al contesto politico.
Negli anni ’60 il genere si orientò verso l’horror psicologico: passando così dai mostri come entità a quelli generati dalla nostra mente. Ne sono un esempio film come Psycho di Alfred Hitchcock (1960). Nonostante ciò, le tematiche precedenti (mostri, fantasmi, ecc…) non vennero abbandonate, ma piuttosto rese moderne, integrandosi nella realtà quotidiana come in La notte dei morti viventi di George A. Romero (1968) che fece da apripista alla tematica dello zombi.
Gli anni d’oro
Negli anni ’70 l’interesse fu anche per la tematica dell’occulto. Abbiamo così pellicole come: Rosemary’s baby – nastro rosso a New York di Roman Polański (1968); L’esorcista di William Friedkin (1973); Il presagio di Richard Donner (1976); mentre per l’Italia ricordiamo Profondo rosso di Dario Argento (1975). È anche il periodo in cui i racconti di Stephen King prendono vita su pellicola, come Carrie di Brian De Palma (1976). Non si può poi non citare anche Halloween – la notte delle streghe di John Carpenter (1978) che introdusse la tematica del killer a caccia di vittime, ma anche il sottogenere slasher. Il ritorno alla fantascienza si ebbe con Alien di Ridley Scott (1979) dove il tema mostro\alieno tornò unito all’aumento delle scene violente tipiche di quell’ultimo periodo. Inoltre, ci fu anche un’esplosione da parte di registi italiani nel produrre pellicole horror, tra i nomi da ricordare, oltre al già citato Dario Argento, abbiamo: Pupi Avati, Lucio Fulci, Mario Bava, ecc… Man mano la paura non diventava più l’ignoto, ma ciò che era familiare; e ne sono testimoni film come L’ultima casa a sinistra di Wes Craven (1972) e Non aprite quella porta di Tobe Hooper (1974). Pellicole in cui alcuni aspetti del periodo, come la guerra del Vietnam e casi di cronaca anche se non strettamente attuali (il macellaio di Plainfield), hanno sicuramente influenzato.
Negli anni ’80 ci fu la consolidazione delle icone del genere che tutti abbiamo imparato a conoscere, anche grazie ai numerosi seguiti di film dell’epoca precedente. Tra i titoli presenti possiamo ricordare: Venerdì 13 di Sean S. Cunningham (1980); Nightmare di Wes Craven (1984); Hellraiser di Clive Barker (1987); La bambola assassina di Tom Holland (1988); La casa di Sam Raimi (1981); Shining di Stanley Kubrick (1980); Poltergeist – demoniache presenza di Tobe Hooper (1982); La cosa di John Carpenter (1982); un pioniere del genere body-horror è rappresentato sicuramente in questi anni da Videodrome di David Cronenberg (1983) e consolidato anche dal remake de La mosca di David Cronenberg (1986). In quel periodo l’horror si diffuse maggiormente anche grazie alle VHS e alle piccole case di produzione, ma anche alla diffusione di sottogeneri come lo splatter per il quale non possiamo non citare Cannibal holocaust di Ruggero Deodato (1980), il quale fu anche il primo film ad utilizzare la tecnica del falso documentario (mockumentary).
Negli anni ’90 si fecero strada le stesse tematiche del periodo precedente. Infatti, sono numerosi i seguiti di pellicole che avevano avuto successo nello scorso decennio (Nightmare, Halloween, Hellraiser, Venerdì 13, La bambola assassina, ecc…), ma anche i remake (Dracula, La mummia, ecc…). Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme (1991) prese spunto dagli stessi riferimenti di cronaca di Non aprite quella porta e Psycho. Ricordiamo poi Il seme della follia di John Carpenter (1994) il quale si rifà all’horror letterario lovecraftiano. Misery non deve morire di Rob Reiner (1990) fu un altro successo trasposto da un romanzo di Stephen King. Furono anche gli anni di Scream di Wes Craven (1996) in cui per la prima volta l’horror cita sé stesso e si rende anche auto ironico. A proseguire sulla linea del killer misterioso ci furono So cos’hai fatto di Jim Gillespie (1997) e Urban legend di Jamie Blanks (1998): slasher che richiamavano in qualche modo Candyman di Bernard Rose (1992). Con The Blair witch project di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez (1999) si aprì ufficialmente il ciclo del falso documentario (mockumentary).
Il declino
Dagli anni 2000, si apre la moda dei remake di pellicole orientali di successo come The Ring di Gore Verbinski (2002). La mania dei prequel e remake comincia a diventare esponenziale e anche quando è originale tende a ispirarsi a tematiche dei tempi passati. È così che con film come Resident Evil di Paul W. S. Anderson (2002) e Silent Hill di Christophe Gans (2006) ritorna la tematica dello zombi, ma si attinge al mondo dei videogiochi creando una miscela tra horror e azione. Tra i titoli originali abbiamo sicuramente Final destination di James Wong (2000) che aprirà a numerosi sequel. L’horror e fantascienza tornato a fondersi con Signs di M. Night Shyamalan (2002). In questi anni nasce un’altra saga seguitissima che inaugura anche il sottogenere torture-porn ossia Saw – l’enigmista di James Wan (2004), così come Hostel di Eli Roth (2005). Con The Others di Alejandro Amenábar (2001) torniamo all’horror psicologico, così come con 1408 di Mikael Håfström (2007) tratto da un racconto di Stephen King. Dal 2007 comincia la saga di Paranormal activity di Oren Peli (2007). A Serbian film di Srđan Spasojević (2010) porta sullo schermo la violenza del torture-porn, andando oltre i limiti della legalità e immoralità. Se c’è una novità delle tematiche è sicuramente quella della paura che può derivare dal web con film come The Den di Zachary Donohue (2013) o Unfriended di Levan Gabriadze (2014). Seguono poi numerosi remake di film classici delle epoche precedenti, ma anche opere più originali come Babadook di Jennifer Kent (2014); It follows di David Robert Mitchell (2014); ecc… A partire dal 2013 comincia poi la serie di film legata a The conjuring di James Wan (2013). Più avanti con The boy di William Brent Bell (2016) l’horror si fonde con il thriller. L’anno dopo è il turno di IT di Andrés Muschietti (2017) che riporterà in auge un classico di Stephen King già portato sul piccolo schermo in una miniserie nel 1990.
L’evoluzione
Nel corso dei vari decenni abbiamo visto come siano cambiati i film horror e come siano cambiate le tematiche ad essi legati. Siamo partiti da un concetto di paura legato principalmente al folklore e alla letteratura gotica, per poi passare a quelle rappresentate dalla scienza e dai mostri ad essa correlati. Paure quindi sempre più correlate col contesto storico in cui erano poste. Lo sviluppo tecnico e scientifico si rifletteva nei timori rappresentati dalle pellicole. Così come la rappresentazione di entità come alieni, erano la metafora della paura di un’invasione comunista durante la guerra fredda.
La paura diventa poi anche psicologica e i mostri rappresentati in precedenza diventano sempre meno folkloristici, ma più moderni e vicini alla realtà quotidiana, come a voler rappresentare una paura sempre più possibile e realistica. La paura si avvicina sempre di più all’uomo e si sposta anche verso l’occulto e il sovrannaturale. Fatti di cronaca sono anche lo spunto per pellicole e personaggi che diventeranno iconici. Così come l’idea del killer a caccia di vittime diventa sempre più un classico.
È difficile dare un taglio netto agli elementi horror nei diversi decenni. Molti elementi si rifanno a tematiche già utilizzate in precedenza, a volte migliorate e altre volte rese più moderne. Già dagli anni ’80 abbiamo horror che attingono da diverse tematiche, altre volte sono remake, ma di opere molto vecchie prive ancora del colore. Abbiamo quindi un decennio pieno di film diversi che grazie anche alle VHS e alle piccole produzioni hanno dato vita ad un’esplosione del genere. La cosa continua anche negli anni ’90 in cui troviamo numerosi sequel dei successi del decennio prima, ma non mancano neanche opere originali. La paura è rappresentata per lo più da personaggi reali o dal soprannaturale, e spesso si gioca sull’ambiguità delle due cose.
Considerazioni
Dal 2000 c’è una sorta di cambio di rotta. Le influenze degli anni ’90 man mano affievoliscono e si tende sempre più a cercare di terrorizzare lo spettatore tramite scorciatoie che poco hanno a che fare con la paura, ma più con lo spavento come i jump scare. Le storie sono sempre meno originali e puntano per lo più ad accontentare lo spettatore con meno sforzo possibile da parte della sceneggiatura, basando tutto su effetti visivi ed estetica. Le tematiche sono sempre le stesse e non vengono approfondite rispetto ai decenni precedenti. Laddove ci sarebbero nuovi spunti contemporanei come la paura proveniente dal web, c’è sempre troppa superficialità nell’affrontare gli argomenti: si punta perciò alla massima resa con poca spesa. Inoltre, l’abbondanza di remake a poca distanza dagli originali ha solamente l’effetto di far perdere l’atmosfera con cui erano nati, per colpa soprattutto dell’uso della CGI (computer grafica) a scapito dei vecchi effetti speciali. L’idea generale è che data l’evoluzione tecnologica disponibile, tutti abbiano potuto fare un film con poca disponibilità di mezzi, ma il vero problema è che questo succedeva anche allora, però c’era la storia da raccontare; non un insieme di effetti fatti solo per cercare di accontentare il pubblico sul lato estetico e non più sul lato narrativo.
Per tornare alla domanda iniziale: “cosa spaventa oggi?”. È vero che siamo assuefatti dalla violenza e da immagini forti, ma il vero problema è che il cinema ha smesso di coinvolgerci e di farci percepire la paura proveniente da noi stessi. Non ci può spaventare una scena se non crediamo che quel terrore possa capitarci, o che possa succedere se quelle circostanze fossero reali. Fino agli anni ’80 la nostra consapevolezza era tale che tutto ciò che era rappresentato dai film horror andava oltre le nostre conoscenze su ciò che potesse essere vero o falso. Oggi con internet, la nostra consapevolezza è maggiore, c’è quindi bisogno di maggior realismo, ma non inteso come effetti, ma più come approfondimento nel trattare gli argomenti. La paura è oggi ancora più vicina e reale, data dalla società e le persone: quello che accade dietro e dentro ognuno di noi. Questo dovrebbe essere l’orrore che negli anni 2000 il cinema dovrebbe rappresentare.
Fonte Wikipedia