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Una prospettiva scientifica sui bei culi

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Un giornalista esplora il deretano da diverse prospettive

I glutei sono uno dei pochi muscoli del corpo umano con una così grande influenza culturale. Nel suo libro del 2022 Butts: A Backstory (Culi: un retroscena), la giornalista Heather Radke afferma che “i sederi sono un indicatore”. Come spiegato qui, la Radke continua sottolineando che i nostri atteggiamenti nei confronti dei nostri posteriori hanno spesso meno a che fare con la consistenza in sé e più a che fare con fattori come: l’etnia, il genere e il sesso. Sebbene il sedere contenga il muscolo più grande del corpo umano, Radke sostiene che quando si tratta di questa parte del corpo siamo molto più inclini a preoccuparci della forma che della funzione rispetto a un ginocchio o a un gomito.

Il nostro sedere è molto più di una semplice attrattiva, nonostante la scarsa attenzione che gli dedichiamo (a parte quando proviamo i pantaloni nuovi). Infatti, il sedere è un raro esempio di evoluzione. Molte altri animali hanno muscoli e grasso che imbottiscono il loro fondoschiena. Tuttavia, nessuna ha dimensioni che si avvicinano alle nostre.

La maggior parte degli scienziati evoluzionisti ritiene che i nostri posteriori formosi contribuiscano alla nostra capacità di camminare eretti. Quando il nostro peso è aumentato e le nostre esigenze muscolari sono cambiate, è probabile che si sia evoluto l’osso pelvico curvo che conferisce al sedere la sua prominenza. Sempre più prove indicano i benefici di muscoli dei glutei più grandi sia per uno sprint più veloce che per una migliore resistenza alla corsa. Secondo Radke, “il sedere è un adattamento essenziale per la capacità umana di correre in modo costante, per lunghe distanze e senza infortuni”.

Questa storia culturale abbraccia più di due secoli, portandoci dai teatri della Londra del XIX secolo alle classi di aerobica degli anni ’80, dal luogo in cui è stato girato il video musicale “Baby Got Back” di Sir Mix-a-Lot alle montagne dell’Arizona, dove uomini e cavalli si sfidano ogni anno in una gara di resistenza dei glutei. L’autrice ha incontrato biologi evoluzionisti che studiano le origini del sedere, modelle le cui misure hanno definito la taglia dei jeans per milioni di donne e guru del fitness responsabili di mode come “Buns of Steel” (Chiappe d’acciaio).

Il libro affronta le origini fisiologiche del nostro fondoschiena e accompagna i lettori dai fianchi stretti dell’epoca vittoriana fino al fondoschiena di Kim Kardashian che spopola su Internet e alla diffusione del lifting brasiliano. Il libro intreccia memorie, scienza, storia e critica culturale. Nel mezzo, Radke esamina come gli standard razziali e misogini che circondano il sedere siano definiti dalla moda, dalle mode del fitness, dalla cultura pop e dall’eugenetica.

Una figura ricorrente nel libro è Saartjie “Sarah” Baartman – la cosiddetta Venere ottentotta (il termine ottentotto, oggi ampiamente considerato offensivo, era storicamente usato per indicare i Khoekhoe, una tribù indigena del Sudafrica). Baartman era una donna indigena khoe costretta a esibire il suo “grande sedere” per il pubblico bianco a Città del Capo, Londra e Parigi nel XIX secolo.

Gran parte della narrazione del libro è sostenuta dal resoconto di Radke sulla vita della Baartman e su come il suo corpo sia diventato “una fantasia di ipersessualità africana”, in cui collega la Baartman sfruttata ai pregiudizi e all’eredità distorta delle donne dal sedere grosso come più altamente sessuali, in particolare per le donne nere.

Radke cita poi il bustino come esempio lampante dell’appropriazione bianca della figura di Baartman. Il bustino è un tipo di indumento intimo che ha guadagnato popolarità alla fine del XIX secolo e che aveva lo scopo di far apparire il fondoschiena di una donna grande.

L’autrice analizza la monetizzazione di questa stessa appropriazione culturale basata sul sedere da parte di star come Kim Kardashian e Miley Cyrus, le cui note mosse di twerking agli MTV Video Music Awards del 2013 e durante i concerti del “Bangerz Tour” dello stesso anno (in cui ha usato una grande protesi per il sedere come parte della sua coreografia) erano, secondo Radke, uno strumento per “giocare” con l’essere nera.

Oltre a discutere della cultura visiva dei video musicali black, della chirurgia plastica e dell’attuale moda del belfie (una combinazione di sedere e selfie), Radke si concentra anche sui casi della storia moderna in cui le tendenze hanno preso strade diverse e opposte. Utilizza lo sviluppo delle taglie e la versione anni ’90 dell'”heroin chic” resa popolare dalla top model Kate Moss per evidenziare l’ascesa delle “donne senza sedere” negli anni ’10, un aspetto esemplificato al meglio dalle eleganti flapper (le giovani donne che abbracciarono uno stile di vita che molti all’epoca consideravano stravagante, immorale o addirittura pericoloso, si distinsero per la loro vivace indipendenza. Le flappers abbatterono gli ostacoli all’indipendenza economica, politica e sessuale delle donne e sono oggi considerate la prima generazione di donne americane indipendenti).

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