Cosa rimane dei rifiuti organici degli astronauti lasciati sulla luna?
Il moduli lunari Apollo erano progettati per sollevarsi dalla superficie lunare con un particolare peso. Poiché gli astronauti dell’Apollo avevano il compito di riportare a casa grandi quantità di roccia lunare, il peso di quei campioni veniva compensato abbandonando oggetti indesiderati. Questa spazzatura scartata includeva, tra le altre cose, due palle da golf, 12 macchine fotografiche, 12 paia di stivali, un telescopio placcato in oro, e un totale di 96 sacchetti di “rifiuti organici”, di cui urina, feci e vomito.
Tali rifiuti potrebbero non aver avuto alcun effetto permanente sull’ambiente lunare poiché qualsiasi microrganismo presente nei rifiuti organici non avrebbe potuto crescere nelle dure condizioni della superficie lunare. È possibile, tuttavia, che alcuni possano essere sopravvissuti per un certo periodo, come spore dormienti e inattive. Così, dopo 50 anni sulla superficie lunare, tali rifiuti, che ora sono probabilmente solo sacchetti di polvere, possono contenere informazioni importanti sulla sopravvivenza dei microrganismi nello spazio.
Gli astrobiologi sono interessati a sapere se qualcuno di questi microrganismi ha subito mutazioni genetiche a causa dell’avversità dell’ambiente lunare, o se è sopravvissuto in uno stato dormiente. Sperando così che un giorno delle aziende private possano riportare questi rifiuti per studiarli.
Questi sacchetti, utilizzati dagli astronauti per contenere i rifiuti, “sono più protetti di qualsiasi altra cosa con alti livelli di funghi, batteri e virus proveniente dalla Terra”, afferma Schuerger, uno scienziato specializzato nella vita spaziale proveniente dall’Università della Florida che recentemente è stato co-autore di un documento sulla vitalità dei microbi che sopravvivono sulla luna. I funghi sono, tra l’altro, un’altra forma di vita microbica che potrebbe essere sopravvissuta. Per gli astrobiologi, questo significa che quei sacchetti sono gli oggetti più interessanti che si possano trovare sulla sulla luna.
Detto questo, le probabilità che qualcosa sia sopravvissuto in uno di quei sacchetti sono scarse, ha dichiarato Schuerger.
Lui e i suoi colleghi hanno recentemente completato un’analisi che prevede la possibilità che i microbi provenienti dalla Terra siano ancora vivi sulle superfici delle navicelle spaziali che sono state lasciate sulla Luna.
Fra tutti i modi in cui la Terra si presenta così ospitale per la vita, la luna invece non lo è. Non ha un campo magnetico protettivo per deviare le radiazioni cosmiche più potenti e dannose. Non ha uno strato di ozono per assorbire i raggi ultravioletti del sole. Il vuoto della luna è inospitale per la vita. E senza un’atmosfera, la luna è soggetta a forti sbalzi di temperatura durante il giorno e la notte: a -173°C di notte e 100°C durante il giorno.
C’è una buona probabilità che una combinazione di radiazioni e temperatura estrema abbia ucciso i microbi in quei sacchetti. Schuerger afferma che c’è una “bassa probabilità” che qualcosa sia sopravvissuto in essi. “Ma rappresenta comunque la probabilità più alta fra tutto ciò che è atterrato sulla luna”.
D’altra parte, le condizioni sulla superficie sono ostiche, ma non bisogna perdere la speranza: “I microbi non hanno bisogno di molta protezione”, dice Margaret Race, una biologa del SETI Institute.
Dopo tutto, la vita batterica è stata trovata sulla Terra quasi ovunque: sul fondo dell’oceano, vicino a roventi correnti termiche, 2 miglia sotto uno dei ghiacciai della Groenlandia. Inoltre, nella missione Apollo 16, gli astronauti eseguirono un esperimento in cui tennero un campione di nove specie di microbi all’esterno della navicella, esponendoli alle condizioni più difficili dello spazio. Molti di loro sono sopravvissuti (anche se pochi giorni nello spazio non sono la stessa cosa di 50 anni nello spazio).
Molte cose dovrebbero andare per il verso giusto affinché i microbi siano ancora vivi, o per lo meno rivitalizzabili. I batteri non possono replicarsi senza umidità. Quindi questi rifiuti organici avrebbero dovuto essere sigillati molto bene in modo che il loro ambiente potesse rimanere umido. “Nell’ambiente umido di un pannolino chiuso, presumibilmente si potrebbe verificare la replicazione”, sostiene Mark Lupisella, uno scienziato della NASA che sta facendo alcuni lavori preliminari su una potenziale missione per recuperare tali sacchetti e studiarli.
C’è da dire però che i sacchetti dovrebbero essere ancora intatti, il che non è scontato considerando le forti oscillazioni di temperatura sulla luna; potrebbero essere benissimo stati strappati dalle forze meccaniche coinvolte nel riscaldamento e nel raffreddamento.
Se si dimostrasse che la vita microbica può sopravvivere sulla luna, anche in uno stato dormiente, potrebbe significare che i microbi possono sopravvivere per lunghi tratti di tempo nelle profondità dello spazio, viaggiando tra i mondi, propagando quindi la vita lungo la loro strada.
Fonte sciencefocus.com; vox.com