A volte farla lontano da casa può essere problematico

A volte abbiamo bisogno di fare la cacca, ma non siamo a nostro agio come a casa nostra, dove ci si può lasciare andare liberamente, così mentre alcuni non si fanno problemi a farla a casa di altri, qualcuno non ci riesce, e generalmente sono spesso le donne ad avere tali difficoltà. Tuttavia, questa situazione non riguarda solo le persone che vanno a casa di estranei, ma può capitare anche alle coppie. Comunque, questo è solo un esempio di dove può accadere perché questo problema avviene anche al lavoro, o in qualunque posto si abbia timore di fare la cacca.

Fare la cacca non è solo normale, ma è anche necessario. Il nostro corpo è fatto così. Il colon è lungo circa 1,5 m ed è un organo tubulare, il quale forma parte dell’intestino crasso e si avvolge intorno all’intestino tenue. Il colon rimuove ciò che ci serve dal cibo parzialmente digerito: nutrienti, elettroliti e porta lo scarto rimasto, meglio conosciuto come feci al retto prima che abbandonino il corpo attraverso l’ano. È un sistema preciso, così efficiente che tendiamo a non notarlo finché qualcosa non va storto. “Non potremmo aver progettato i nostri corpi in modo migliori se ci avessimo provato noi stessi”, afferma la dottoressa Lisa Das, consulente gastroenterologa ed endoscopista.

“Il corpo è un organismo favoloso”. Seppur troppi di noi, in particolare le donne, si vergognino delle proprie funzioni corporali, al punto di provare a bloccarle trattenendole. La vergogna per la cacca è una realtà e ha un termine tecnico: parcopresis.

Il professor Nick Haslam, che è l’autore del libro Psicologia in bagno, spiega che la parcopresis è l’incapacità di andare al bagno per fare la cacca in luoghi privi di privacy, dove si ha la percezione di altre persone nelle vicinanze. Per esempio, al lavoro in un bagno pubblico, o quando un compagno di stanza o partner è a casa con noi.

“Le persone che ne sono affette hanno paura a defecare in situazioni dove potrebbero essere origliate o ‘annusate’, e tale paura crea inibizione al punto da essere poco propensi ad utilizzare i bagni pubblici”, afferma il dottore. “In casi estremi, la cosa può essere anche invalidante, tanto che le persone affette spesso non vogliono percorrere lunghe distanze da casa per paura di trovarsi in luoghi dove non riuscirebbero a farla. La parcopresis è un problema psicologico che, secondo i ricercatori, fa parte della categoria dei problemi d’ansia sociale. Si pensa che le donne ne siano maggiormente colpite rispetto agli uomini, che al contrario, sono più inclini ad essere colpiti da paruresis ossia il timore a far pipì. Ma perché le donne in particolare? Nick afferma che ci sono due motivi.

“Il primo è che la parcopresis è principalmente veicolata da ansia intensa, e le donne sono più suscettibili ai disturbi d’ansia per ragioni ancora non ben conosciute, ma che probabilmente hanno componenti sociali, psicologiche e biologiche. Secondo, c’è un diverso comportamento di genere intorno all’igiene che si lega alla parcopresis. Le donne sono più socialmente disgustate dagli escrementi, e sono più preoccupate della pulizia e purezza del loro corpo, e nell’eliminarne l’odore”.

Le norme patriarcali giocano un ruolo importante. Ovviamente, ci sono eccezioni, ma generalmente, mentre i ragazzini fanno a gara a scoreggiare tra di loro, le ragazzine non possono neanche ammettere che fanno la cacca, figurarsi scoreggiare. I ragazzi giovani vengono acclamati se fanno una forte scoreggia mentre le ragazze giovani imparano a trattenerle, contorcendosi per nascondere al mondo i loro movimenti intestinali.

Come fa notare Nick, ci siamo abituati socialmente a vedere la femminilità e gli escrementi come incompatibili. “Di conseguenza”, aggiunge, “l’idea di farsi trovare mentre si evacua, fa in media più paura alle donne che agli uomini, e i tassi elevati di parcopresis ne sono una conseguenza”. Così i ragazzini crescono e diventano uomini che possono prendersi tutto il tempo che vogliono da soli al gabinetto, mentre le ragazzine si fanno carico della vergogna nel far la cacca e imparano ad eseguire complesse routine. Vanno di fretta, riempiono la tazza del gabinetto con la carta igienica per camuffare il suono della cacca e cercano di finire il prima possibile, così che la gente pensi che stavano solo facendo pipì.

La parcopresis può essere un problema psicologico, ma ha ripercussioni fisiche. L’anno scorso, un report dal Bowel Interest Group ha riscontrato che la stitichezza è costata al Sistema Sanitario Nazionale del Regno Unito €180 milioni tra il 2017 e il 2018. Di questi, 79 milioni sono stati spesi per ricoveri d’emergenza non pianificati ed evitabili, mentre 100 milioni sono stati spesi in lassativi su prescrizione. In quel periodo, in Inghilterra, 71.430 persone sono state ricoverate in ospedale per costipazione, ossia 196 persone al giorno. E, guarda caso, le donne rappresentavano circa il 60% dei ricoveri.

Uno studio canadese del 2015 ha scoperto che i costi della sanità, riguardanti la stitichezza, gravano sul paese per quasi €180 milioni, di cui quasi €52 milioni per i ricoveri. Lisa afferma che la cosa va quindi presa sul serio. “Credo che ci sia qualcosa, tra le donne, che abbia instillato l’idea che non se ne debba parlare. Che andare al bagno sia qualcosa di disgustoso e impuro. Ma sempre più persone stanno imparando che si debba parlare delle proprie funzioni corporali perché l’evacuazione gioca un ruolo importante nella salute”. “Quando ci svegliamo al mattino”, aggiunge, “l’intero intestino ha un ritmo diurno. L’intestino ha le sua contrazioni massime al mattino e dopo mangiato. È perfettamente normale. Se lo si trattiene, si inizia ad inibire la sua normale attività e quello che abbiamo scoperto è che ignorando il ‘bisogno di farla’, può seriamente alterarne il ritmo. C’è stato un esperimento in cui è stato chiesto a degli studenti di medicina di non andare in bagno per sette giorni e si è scoperto che per alcuni dei partecipanti ci sono voluti da sei a otto mesi per riacquistare la normale motilità del colon dopo quel periodo di soppressione”.

Oltre a questo, spiega Lisa, ci sono complicazioni mediche associate al fatto di rimandare la cacca. “Il problema di trattenere le feci, di non farci caso, è che più ci si nega di andare in bagno, più il fluido viene assorbito dall’ intestino”, spiega Lisa. “Allora diventa sempre più difficile. E siccome è doloroso, la gente non vuole andare in bagno e si verifica un circolo vizioso”. Oltre a questo, Lisa aggiunge che “le feci solide” possono provocare uno sforzo che può “lacerare il tessuto dell’ano, provocando lesioni o aggravare le emorroidi”. Tuttavia, sottolinea Lisa, non ci sono gravi problemi permanenti causati dal rimandare la cacca, non aumenta il rischio di cancro al colon, per esempio, ma può accadere che l’intestino diventi sregolato e ci causi così un grave disagio”.

La cacca è sempre contrastante. È allo stesso tempo una funzione corporea necessaria, ma anche oggetto di disgusto. In Gran Bretagna, storicamente, c’è stato un vanto un po’ perverso e un po’ ironico che coinvolgeva il gabinetto o l’umorismo scatologico. È narrato in tutti gli scritti di Chaucer, Shakespeare e Jonathan Swift, che erano tutti vivi prima dei veri e propri sistemi fognari, e quindi hanno visto molte più feci di quante ne veda la maggior parte della gente oggi. In effetti, l’ossessione storica per la cacca come fonte di umorismo potrebbe dirci qualcosa sul perché la cacca è ancora così tabù. Ci prendiamo gioco delle cose di cui abbiamo paura e di cui ci vergogniamo, ecco perché tanta comicità riflette le ansie sociali.

“Le feci sono una fonte di contaminazione e di malattie, quelle di origine fecale uccidono ancora un numero enorme di bambini in tutto il mondo”, sottolinea Nick. ” È logico disprezzarla, allontanarla dalla mente, oltre che alla vista, e quindi avere dei tabù a riguardo”. La vergogna si attacca alle cose disgustose e per la maggior parte di noi c’è ancora un po’ di vergogna e di reticenza nei confronti della defecazione. Nel caso della parcopresis, questa vergogna è solo più forte e più inibitoria”. Dobbiamo però trovare un modo per superare questa vergogna. Dobbiamo vedere la cacca come un’altra delle cose che il nostro corpo produce. Forse anche per vederla come un segnale di buona salute. Dopo tutto, significa che il nostro corpo sta funzionando; chiunque abbia una condizione come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa o la sindrome dell’intestino irritabile vi dirà quanto desideri fare la cacca regolarmente e in modo sano.

In casi gravi, Nick spiega che “ci sono interventi comportamentali che trattano la parcopresis come un disturbo d’ansia. Possono consistere nell’interrogare e mettere in discussione le convinzioni distorte su quanto sarebbe brutto essere ascoltati mentre si fa la cacca (chi ascolta penserebbe davvero male di te?); nell’insegnare esercizi di rilassamento per far sentire la persona meno bloccata mentre si trova in un bagno pubblico; e nell’incoraggiare gradualmente le persone ad aumentare l’utilizzo di bagni pubblici, in modo che il loro intestino impari ad essere meno timido”. Ma dato che troppi bagni non hanno ancora cabine completamente chiuse [in Italia lo sono invece la maggior parte], li rende tutt’altro che privati, sicuramente una parte della responsabilità per risolvere questo problema non è dei singoli, ma della società nel suo complesso. “Possiamo fare in modo che le strutture pubbliche facciano sentire la gente al sicuro”, dice Nick, ma aggiunge che “possiamo anche diventare più pratici sulla defecazione, in modo che diventi meno tacita e imbarazzante (ad esempio, usando meno eufemismi), e affrontare il diverso trattamento di genere, in base al quale le donne sono giudicate più negativamente se rivelano che anche loro defecano”.

Io penso, però, che l’idea che l’uomo ha della donna: bellezza, pulizia, ordine, cura di sé, ma anche l’idea stessa che le donne vogliono dare, sia intrinsecamente in contrasto con il tema delle funzioni corporee. Non è così per gli uomini, che non hanno mai dato un’immagine di sé così chiara e limpida, anche se ultimamente gli uomini si sono avvicinati maggiormente ai canoni richiesti alle donne. Tuttavia, nel mondo maschile c’è molta più libertà di scelta. Quindi forse la difficoltà sta proprio nell’idea che si vuole dare e nell’idea che si cerca nell’altro. Certo, le donne devono sentirsi meno imbarazzate a parlare di questo argomento e devono essere aiutate a ridurre l’ansia quando devono farla, ma non so se sarà possibile ridurre il divario di intimità tra uomini e donne su questo argomento, così tanto come fanno due amici maschi o due amiche, per esempio, perché hanno lo stesso corpo e le stesse aspettative.

Sicuramente non soffrono di parcopresis quelli che vogliono andare a farla da Paolo!

Un video ironico del canale dei the Jackal che tratta l’argomento

Fonte refinery29.com