L’acqua all’interno del bagno sappiamo bene quanto sia essenziale, specialmente per lo sciacquone del gabinetto che aiuta a scaricare cacca e pipì, ma anche a pulirlo.
Sembra quindi inconcepibile un gabinetto senz’acqua: sia per i suddetti problemi, ma anche per quello degli odori. Eppure lo spreco dell’acqua per lo scarico è considerato sempre più un grosso problema, infatti ormai da tempo sono state sviluppate vaschette che permettono di usare metà dell’acqua in caso di pipì ed invece scaricare completamente il serbatoio in caso si faccia la cacca.
Il problema è ancora più sentito nei luoghi dove l’acqua potabile scarseggia, proprio perché per lo sciacquone viene utilizzata la stessa acqua che scorre nei rubinetti, quindi potabile, rappresentando un enorme spreco. In casa si sprecano circa 70.000 litri l’anno di acqua per lo scarico mentre nei bagni pubblici la situazione è anche peggiore, con circa 100.000 litri annui.
Di fronte a tutto ciò, il Programma di Tecnologia Sostenibile dell’INTI ha cercato soluzione per lo sviluppo sostenibile, tra cui il progetto di realizzazione di orinatoi che funzionino a secco. Questa sarebbe una buona soluzione laddove ci sia una mancanza di rete fognaria oltre al problema dell’acqua.
A prima vista questi nuovi bagni sembrano uguali a quelli tradizionali, a parte il fatto che non richiedono acqua, non rilasciano odori e/o attirano insetti, e sono facili da pulire.
Esistono diversi sistemi per trattenere l’odore, uno di questi, nel caso dell’urina, funziona utilizzando una sostanza con densità minore della pipì, in modo che questo liquido rimanga nella parte superiore, creando così uno strato che blocca gli odori.
Il sistema consente quindi un notevole risparmio, non solo di acqua, ma anche di trattamento dei rifiuti, dato il minor volume dei residui. Inoltre, in questo modo è possibile recuperare particolari nutrienti come azoto e fosforo dalle urine ad esempio.
L’espansione di questa tecnologia non sarà solo una prerogativa delle sole zone povere come alcune zone dell’Argentina dove già si pensa di implementarla, ma anche di Germania e Stati Uniti dove i bagni senz’acqua vengono già utilizzati nei luoghi pubblici.
L’INTI ha inoltre sviluppato dei gabinetti a secco sia per uso pubblico che privato. Questi bagni si basano sulla separazione tra materia solida e liquida, l’assenza di acqua e la presenza di camere di stoccaggio e il trattamento dei rifiuti organici. Esempi di questi bagni si possono trovare in Perù e Sud Africa.
Lo scopo originale di questi bagni era quello di una più comoda gestione dei rifiuti organici, ma successivamente sono diventati utili per il fatto di adattarsi a diversi contesti economici e geografici. Il vantaggio rispetto ai bagni tradizionali è che si ottiene un residuo secco e inodore, il che evita di attirare insetti, ma consente anche una gestione comoda e sicura del serbatoio che li contiene. Inoltre, l’utilizzo di questi bagni evita la contaminazione delle acque e consente un’installazione anche in zone prive di reti idriche e fognarie.
Questa tipologia di bagni può essere implementata sia con due camere di disidratazione adiacenti oppure con una singola intercambiabile. In certi casi, nelle camere di disidratazione vengono aggiunti dei vermi per la riduzione del volume dei residui, ma anche per la creazione di Vermicompost. In Buenos Aires è possibile trovare un esempio di tali bagni.
Nonostante abbiano evidenti vantaggi ecologici e rappresentino una soluzione per i luoghi più disagiati, saranno davvero una soluzione così comoda anche per le abitazioni ordinarie?
Fonte Clarín
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